“La sai una cosa, Mademoiselle? Si tu la sai sicuro ma te la dico lo stesso.
Non si invecchia.
Non è vero che un anno dopo l’altro porta via il tempo.
NO.

Noi si diventa solo più tristi fino a ingrigirci, affossarci, imbiancarci lo sguardo. È la tristezza quella ruga di paura e rimorso che ci stringe le spalle, rimpicciolisce la bocca e altera il passo. Ecco. Noi si diventa più tristi perché il dolore ritorna sempre più forte se non si ha avuto il coraggio di affrontarlo per tempo. E torna sempre più forte e più cattivo perché lui sì che conosce i nostri punti deboli, che sa come funzioniamo, che usa il coltello di un ricordo per lacerare e ce la fa sempre, il bastardo, come un lupo affamato e bramoso; lui lacera, spezza, maciulla. E a quel punto noi possiamo scegliere se sciogliere lacrime e rosai di memorie o scappare lontano e incidere una ruga di disfattismo, che so, sulla fronte o nell’incavo di un braccio.
Ecco la mia verità: io non sono vecchia, sono solo più triste.
Ieri notte sto bastardo mi è venuto a trovare con le sue zanne gialle e maleodoranti e un’immagine incastrata li in mezzo, e avevo voglia a nascondermi tra le coperte, a chiudermi nell’armadio e a correre fuori per le strade della città per non vederlo; lui era più veloce, più scaltro di me e mi trovava ovunque e non c’erano lacrime per intenerirlo, no. E quanto ho pianto per me, per la mia stupidità, per l’amore degli altri che ho sprecato, che sprecare l’amore è una bestemmia immonda ma non c’è stata né c’è redenzione. Lui era lì di fronte a me e ringhiava le pretese, le mancanze, le cecità.
Eh, si Mademoiselle, io lo so che lei lo sa, ma io no, fino ad ora e pure adesso ho delle remore.
Io sono cresciuta con il mito della psicoanalisi, delle centrature, del quadrato del cerchio, dell’emotivo creativo che fa pace con sé stesso e la natura in un happy end colorato a tratti punk. Ho dovuto scoprirlo sulla mia carne maciullata che non esiste la redenzione, la centratura; che siamo tutti un poco storti e malconci, che ci possiamo provare ma che dobbiamo redimerci da soli, se proprio ci teniamo. Non si può pretendere da un altro, la redenzione. Troppo comodo, quasi immorale.
Ma ora basta che ho gli occhi rossi e malconci e che va bene che sono triste da 43 anni ma oggi lo sembro da 54 e 11 anni di tristezza in più non vorrei dimostrarli proprio. Sa, ieri, con questo cagnaccio incazzoso, ci ho parlato, alla fine, tra i singhiozzi, e gli ho porto le mie scuse e raccontato la storia dietro a quell’immagine che aveva tra le zanne; che strano la ricordavo come fosse successo pochi istanti prima e mi procurava lo stesso male e la stessa vergogna di me. Adesso un pochino sto meglio, perché non la fuggo più e non sa quanta energia sprecavo a fuggire questo angolo di passato!
Energia che posso usare per cercare creme idratanti, bere più acqua e sorridere al mio dirimpettaio che non vorrei dire ma mi sa che un poco mi luma e a me i moraccioni mi sono sempre piaciuti. Beh, moraccione con un po’ di grigio e bianco ma una volta era moracccione di sicuro e comunque le spalle larghe ci sono, il braccio muscoloso regge e il passo è elastico, chissà che fa per vivere e se ha figli o è un vecchio scapolone. mmhhh…
Mademoiselle, non è che mi offriresti uno dei tuoi meravigliosi caffè ora? che se non occupo la bocca, questa continuerà a parlare e parlare per ovattare il frastuono dei miei fallimenti: glielo dicevo, una volta, che il lupo arriva e azzanna, non molla la presa tanto facilmente ma questa volta non scappo: lo giuro. Ma ora ho bisogno di attimo di requie, prendere le forze e ricominciare la lotta.”